Un criceto che corre dentro la ruota, questa è l’immagine che mi è venuta in mente stamattina per spiegare cos’è per me scrivere.
La mia gabbia è la vita di tutti i giorni: solitaria, fatta di gesti che si ripetono noiosamente, priva di progetti se non quello di scrivere. Il criceto con cui condivido la gabbia interagisce con me solo quando viene distribuito il mangime.
Il resto del tempo lo trascorre per conto suo, impegnato in altro.
Per fortuna, ho la ruota. Ci salgo sopra e corro a perdifiato verso situazioni, paesi, personaggi. Più muovo le zampette, più la ruota produce avventure, intrighi, crimini, vendette, tradimenti e inganni a cui devo trovare una soluzione.
A sera, quando infine scendo da quel trabiccolo, mi dico: basta, non ci salgo più, perché la corsa del criceto nella ruota è fatta di solitudine, tanta fatica e nessuna destinazione raggiunta.
Mi addormento, e sogno la sensazione di felicità che mi provoca il suono della ruota che gira. Quando mi sveglio, la vedo lì: un solido tondo di plastica, rosa come i più bei sogni. Sta in un angolo della gabbia, immobile, rassicurante, come a dire: io ci sono. Salta su e fatti un altro giro.
Sarà faticoso, non ti porterà da nessuna parte, ma sai che non puoi farne a meno.
Ecco, questo è scrivere per me: salvezza e condanna, come la corsa di un criceto dentro la ruota.
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