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Marocco 1979

Aggiornamento: 18 apr

Fra le tante esperienze che mi è capitato di fare in viaggio, ho avuto la fortuna di partecipare a un vero matrimonio marocchino.

La cerimonia ebbe luogo di notte. La sposa, su una portantina condotta in spalla, attraversò le strette viuzze del paese.


Il corteo di donne che la seguiva lanciava le tipiche grida di festeggiamento, qualcosa a metà fra l'ululo di una iena e il canto lugubre di una civetta. Da far accapponare la pelle.


Dopo la cerimonia, ricco banchetto: donne rigorosamente separate dagli uomini. Eravamo tutti quanti seduti a terra, su tappeti e cuscini, a mangiare con le mani e il pane injera da un unico vassoio centrale.


Di quel viaggio ricordo anche i tatuaggi all’henné. Ce li facemmo fare tutte quante (io, mia madre e mia sorella) in casa di una signora incontrata per caso al mercato di Marrakech. Quando tornai a scuola – dalle suore – rischiai l’espulsione per quei disegni sulle mani.


Il mercato è un altro di quei luoghi che ha lasciato il segno, così colorato, ricco di umanità, suoni, animali, profumi e puzzo, sì, c'era pure quello.

Quell’anno (1979) “verdolino”, il nostro vecchio ford transit, era stato sostituito da un camion OM 50 camperizzato, un lusso rispetto al precedente. Era talmente grande che per un lungo tratto di strada prendemmo a bordo un giovane autostoppista francese, che visse e viaggiò con noi per un’intera settimana.

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Ciao, sono Eleonora Scali

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